Mesi fa fece parlare di sé una scritta apparsa su un muro di Cinquefrondi, nella Piana di Gioia Tauro, che in assoluta controtendenza affermava un tremolante ABBASSO LA MAFIA. Come nell'abusato paradosso giornalistico dell'uomo che morde il cane, la scritta si fece notizia. Ora, pescando da vocelibera, un blog calabrese, viene fuori che il cane è tornato a mordere l'uomo. A Bovalino infatti, é comparso più di recente un VIVA LA NDRANGHETA.
Ovviamente i graffiti urbani, a leggerli tutti, offrono di queste perle. Fa pensare tuttavia l'indifferenza, quando non l'esplicito sostegno, che molta parte della società esprime in rapporto alla presenza mafiosa. Potrei sbagliarmi, ma la quota a me pare in crescita. Così, mentre magistratura, politica e poteri vari si passano la palla in un gioco sull'orlo del vulcano, tra la gente questa è l'aria che si respira. Un altro spunto per i media locali, a cui, informando con chiarezza e completezza, spetta il compito di far crescere la consapevolezza sociale.
In gioco c'è la questione del consenso di cui il sistema dell'illegalità gode. Qualcosa confinata tra i tabù dalla coscienza collettiva calabrese, che preferisce non porsi domande a riguardo. Perché di domande da porsi ce ne sarebbero, se a ogni questionario somministrato tra i ragazzi viene fuori che il modello dello ndranghetista, in quanto a popolarità, tiene testa a tronisti e veline (ultimo in ordine di tempo un sondaggio presso le scuole di Taurianova, raccontato da un servizio della Tgr). Un segnale che dice brutto per il futuro...
sabato 30 giugno 2007
giovedì 28 giugno 2007
STRACCIVOLANTI / GRASSO ALL'ANTIMAFIA: "FINCHE' LA POLITICA CALABRESE NON VORRA' FARE LUCE AL SUO INTERNO NON SI RISOLVERA' IL CASO FORTUGNO"
Il caso Fortugno continua a riservare sorprese. Giorni fa l'audizione (in due riprese: 1, 2) davanti alla Commissione antimafia del procuratore nazionale della Dna Piero Grasso è suonata come l'ammissione di una sconfitta giudiziaria: "io non parlo di timori dei magistrati verso i politici. Ma occorre la volonta' di certi ambienti di fare piena chiarezza: cosi' si possono capire i moventi ed eventualmente trovare i mandanti", secondo un lancio dell'AdnKronos. In altre parole: moventi e mandanti affondano nella politica calabrese (scusate se è poco), e se questa non vuole fare chiarezza al suo interno, la magistratura non potrà che girare a vuoto.
Insomma, un pasticcio: per la politica, per gli uomini della politica. Di più, per la giunta che avrebbe dovuto far risorgere la Calabria, dopo i cinque fallimentari anni del centro-destra, e invece si trova a davanti a un Consiglio regionale con almeno 29 inquisiti, galleggiando nel mare inquinato di una politica ancora più compromessa. E senza essere riuscita a marcare una-differenza-che-sia-una con le peggiori tradizioni locali, dal clientelismo al trasformismo. Di fatto una situazione difficile, piena di veleni e scorciatoie. Di questo parla in una dichiarazione Franco Corbelli, del Movimento Diritti Civili.
A tenere alta la tensione ci sono poi le minacce ripetute e frequenti alla vedova Fortugno (deputata Ds in Commissione antimafia), e come in tutte le crisi maggiori, non mancano le pressioni e le intimidazioni ai magistrati. Attacchi e risposte che descrivono una ndrangheta aggressiva ma mettono a nudo conflitti tra uffici, contrasti personali, sgambetti, e che producono come effetto la quasi-paralisi della già marginale attività della giustizia.
Aggiornamenti. A Locri comincia il processo in Corte d'Assise ai presunti esecutori del delitto e all'on. Laganà, vedova Fortugno, arriva la quinta lettera di minacce.
Insomma, un pasticcio: per la politica, per gli uomini della politica. Di più, per la giunta che avrebbe dovuto far risorgere la Calabria, dopo i cinque fallimentari anni del centro-destra, e invece si trova a davanti a un Consiglio regionale con almeno 29 inquisiti, galleggiando nel mare inquinato di una politica ancora più compromessa. E senza essere riuscita a marcare una-differenza-che-sia-una con le peggiori tradizioni locali, dal clientelismo al trasformismo. Di fatto una situazione difficile, piena di veleni e scorciatoie. Di questo parla in una dichiarazione Franco Corbelli, del Movimento Diritti Civili.
A tenere alta la tensione ci sono poi le minacce ripetute e frequenti alla vedova Fortugno (deputata Ds in Commissione antimafia), e come in tutte le crisi maggiori, non mancano le pressioni e le intimidazioni ai magistrati. Attacchi e risposte che descrivono una ndrangheta aggressiva ma mettono a nudo conflitti tra uffici, contrasti personali, sgambetti, e che producono come effetto la quasi-paralisi della già marginale attività della giustizia.
Aggiornamenti. A Locri comincia il processo in Corte d'Assise ai presunti esecutori del delitto e all'on. Laganà, vedova Fortugno, arriva la quinta lettera di minacce.
mercoledì 27 giugno 2007
CALABRIERAI / IN AUTUNNO IN ONDA QUATTRO MINI-SERIE DELLA TELEVISIONE DI STATO AMBIENTATE NELLA REGIONE
Oltre che dal presidente del Consiglio, la Calabria è la "regione prediletta" anche dalle fiction Rai. Nella stagione prossima prepariamoci a vedere almeno quattro mini-serie ambientate da noi: Gente di Mare 2, Fuga con Marlene, Rino Gaetano e Artemisia Sanchez (senza contare l'annunciato Cacciatori di Calabria). Un exploit senza precedenti per la regione, che gli osservatori esterni spiegano con l'attrattività di un paesaggio mediterraneo sempre cangiante (anche se chi conosce le cose di casa attribuisce più prosaicamente il fenomeno al legame affettivo con la sua terra d'origine di Agostino Saccà, il capo di RaiFiction). In più, non pare abbiano pesato gli sgradevoli precedenti della prima serie di Gente di Mare, finita nella bufera per le infiltrazioni mafiose nella produzione (un pezzo del Corriere della Sera).
Niente di male, naturalmente, se nell'intrattenimento nazional popolare comparirà con più frequenza la Calabria. Anzi. L'immaginario collettivo si nutre più di mezzi del genere che di analisi sociologiche. Per un giudizio sul linguaggio dei film resta da vedere il registro narrativo che ciascun autore avrà scelto, ma da subito si può essere soddisfatti di alcune cose. Ad esempio del fatto che si sia scelto di raccontare Rino Gaetano, un artista che appartiene al mondo e che la Calabria può a ragione rivendicare di avergli dato i natali. Oppure di mettere in scena Artemisia Sanchez, il bel racconto storico di Santo Gioffré, medico, politico e ora anche scrittore (una storia nella Seminara del 700, che per renderla sullo schermo è stato necessario girare gli esterni in Basilicata!). Insomma, in autunno vedremo.
(A margine segnalo la presenza, nella produzione delle fiction, della Calabria Film Commission. Si tratta di una struttura creata dalla regione con il sostegno dello stato col compito di rendere appetibile per i produttori ambientare i loro film nel territorio regionale. Sul web della CFC si trova poco - ad esempio qui, qui, qui, qui. Appena possibile metterò on line altri risultati).
Niente di male, naturalmente, se nell'intrattenimento nazional popolare comparirà con più frequenza la Calabria. Anzi. L'immaginario collettivo si nutre più di mezzi del genere che di analisi sociologiche. Per un giudizio sul linguaggio dei film resta da vedere il registro narrativo che ciascun autore avrà scelto, ma da subito si può essere soddisfatti di alcune cose. Ad esempio del fatto che si sia scelto di raccontare Rino Gaetano, un artista che appartiene al mondo e che la Calabria può a ragione rivendicare di avergli dato i natali. Oppure di mettere in scena Artemisia Sanchez, il bel racconto storico di Santo Gioffré, medico, politico e ora anche scrittore (una storia nella Seminara del 700, che per renderla sullo schermo è stato necessario girare gli esterni in Basilicata!). Insomma, in autunno vedremo.
(A margine segnalo la presenza, nella produzione delle fiction, della Calabria Film Commission. Si tratta di una struttura creata dalla regione con il sostegno dello stato col compito di rendere appetibile per i produttori ambientare i loro film nel territorio regionale. Sul web della CFC si trova poco - ad esempio qui, qui, qui, qui. Appena possibile metterò on line altri risultati).
martedì 19 giugno 2007
BOOM / LA BOMBA DELL'ESTATE. LA CUPOLA CALABRESE: TRA MASSONERIA POLITICA E AFFARI UNA "MACCHINA DEL POTERE". APPALTI, ASSUNZIONI, (E VOTI?)
Inchiesta del Pm di Catanzaro De Magistris. Nome in codice: WhyNot, come una delle imprese coinvolte. Indagati imprenditori (Tonino Saladino, pioniere della Compagnia delle Opere in Calabria), politici regionali (Nicola Adamo, Ds, vicepresidente della Regione e Giancarlo Pittelli, coordinatore regionale di Forza Italia), militari e agenti segreti. La storia merita di essere seguita, per ora pubblico una serie di link a materiali di stampa. Ecco un pezzo di Repubblica (anche qui e qui). Se invece volete leggere i primi lanci d'agenzia cliccate qua (qui per la seconda giornata). Qui una inchiesta dei mesi scorsi uscita su La Stampa ed un'altra de l'Espresso. Dagospia ha pubblicato qualcosa. Anche Panorama (segue qui). Alcuni giornali parlano anche di una inchiesta di qualche mese fa, che aveva coinvolto politici regionali. AdnKronos parla di una testimone. Qui ci sono alcuni cut-and-copy dalla rassegna stampa della Regione Calabria relativi alla vicenda WhyNot? (lavoro interinale fornito alla Regione per 11 milioni di euro).
Disponibili le pagine dedicate alla vicenda dal Quotidiano della Calabria (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7). La Stampa: Ora don Giussani si rivolta nella tomba. La Gazzetta del Sud: Una lobby di politici, imprenditori e massoni? (anche qui). Il Messaggero: Il Pm: Una superlobby dietro la loggia", poi qui.
La Repubblica di mercoledi 20 giugno. Qui altri pezzi della giornata. Quelli del Quotidiano della Calabria (1, 2, 3, 4, 5, 6). Molto minore l'eco sui giornali del terzo giorno. Qui le tre pagine del Quotidiano (1, 2, 3)
Il Sole24Ore sugli intrecci societari attorno a Saladino. Un sistema da 100 milioni l'anno. Poi segue:1, 2, 3, 4, 5. Gazzetta del Sud, 1, 2. CalabriaOra, qui. Il Quotidiano di sabato 23 giugno.
Chi è Tonino Saladino. Dopo essersi laureato in Medicina veterinaria comincia a lavorare per la Compagnia delle Opere, una struttura che riunisce esperienze imprenditoriali ed è vicina a Comunione e Liberazione. Ecco come ne parlano, di lui, su Tracce, Rivista internazionale di Comunione e Liberazione (segue qui), e su Tempi (segue qui). All'inchiesta di Catanzaro reagisce Vittadini, della Compagnia delle Opere. Su Cdo e Caso Calabria, anche un intervento di Raffaello Vignali. Saladino, il Vescovo e il Decalogo "per una politica virtuosa e non virtuale", sul Quotidiano.
A tre settimane circa dallo scoppio della vicenda, arrivano i primi contraccolpi: ispezione ministeriale al Tribunale di Catanzaro. Viene fuori anche un possibile ruolo del procuratore Lombardi. E le indagini proseguono: perquisizioni a ObiettivoLavoro.
Prima pronuncia sui ricorsi degli imputati: annullati alcuni atti di sequestro. Il Quotidiano.
Disponibili le pagine dedicate alla vicenda dal Quotidiano della Calabria (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7). La Stampa: Ora don Giussani si rivolta nella tomba. La Gazzetta del Sud: Una lobby di politici, imprenditori e massoni? (anche qui). Il Messaggero: Il Pm: Una superlobby dietro la loggia", poi qui.
La Repubblica di mercoledi 20 giugno. Qui altri pezzi della giornata. Quelli del Quotidiano della Calabria (1, 2, 3, 4, 5, 6). Molto minore l'eco sui giornali del terzo giorno. Qui le tre pagine del Quotidiano (1, 2, 3)
Il Sole24Ore sugli intrecci societari attorno a Saladino. Un sistema da 100 milioni l'anno. Poi segue:1, 2, 3, 4, 5. Gazzetta del Sud, 1, 2. CalabriaOra, qui. Il Quotidiano di sabato 23 giugno.
Chi è Tonino Saladino. Dopo essersi laureato in Medicina veterinaria comincia a lavorare per la Compagnia delle Opere, una struttura che riunisce esperienze imprenditoriali ed è vicina a Comunione e Liberazione. Ecco come ne parlano, di lui, su Tracce, Rivista internazionale di Comunione e Liberazione (segue qui), e su Tempi (segue qui). All'inchiesta di Catanzaro reagisce Vittadini, della Compagnia delle Opere. Su Cdo e Caso Calabria, anche un intervento di Raffaello Vignali. Saladino, il Vescovo e il Decalogo "per una politica virtuosa e non virtuale", sul Quotidiano.
A tre settimane circa dallo scoppio della vicenda, arrivano i primi contraccolpi: ispezione ministeriale al Tribunale di Catanzaro. Viene fuori anche un possibile ruolo del procuratore Lombardi. E le indagini proseguono: perquisizioni a ObiettivoLavoro.
Prima pronuncia sui ricorsi degli imputati: annullati alcuni atti di sequestro. Il Quotidiano.
giovedì 14 giugno 2007
LOTTA ALLA NDRANGHETA E RAZZISMO / SUCCEDE A REGGIO CALABRIA: NESSUNO DELL'ANTIMAFIA AI FUNERALI DI UNA VITTIMA. ERA UN ROM
Risale allo scorso 28 aprile l'omicidio a Reggio Calabria di Cosimo Abruzzese, 29 anni, padre di quattro bambini. Cosimo era un rom, e lavorava al servizio di raccolta di rifiuti ingombranti organizzato grazie a un progetto delle associazioni e situato all'interno di un immobile confiscato ad una famiglia di ndrangheta. Lo hanno ucciso con una dinamica evidentemente mafiosa, sparandogli mentre in tuta e scarponi stava andando al suo lavoro alla cooperativa Rom 1995.
Per i media locali la morte di Cosimo sarà stata un episodio della violenza nella vasta comunità rom, a Reggio ormai stanziale. E se la vicenda sui giornali si è spenta con una breve in cronaca, non si sarà saputo nemmeno che ai funerali di Cosimo c'erano solo i suoi compagni e nessun altro: non il Comune, non la Regione, non il sindacato, non i politici della sinistra, non i militanti dell'antimafia giovanile. Una sottovalutazione denunciata da Gennaro Migliore, capogruppo alla Camera di Rifondazione, in un commento su Liberazione (e ripresa dal sito web di Rifondazione) ma che non pare essere stata percepita proprio a Reggio. (Sempre di Migliore anche questa interrogazione parlamentare). Qui c'è il comunicato dell'Opera Nomadi (segue qui, e qui) di Reggio Calabria, una splendida realtà solidale che superando infiniti ostacoli lavora ogni giorno accanto ai rom reggini.
Per i media locali la morte di Cosimo sarà stata un episodio della violenza nella vasta comunità rom, a Reggio ormai stanziale. E se la vicenda sui giornali si è spenta con una breve in cronaca, non si sarà saputo nemmeno che ai funerali di Cosimo c'erano solo i suoi compagni e nessun altro: non il Comune, non la Regione, non il sindacato, non i politici della sinistra, non i militanti dell'antimafia giovanile. Una sottovalutazione denunciata da Gennaro Migliore, capogruppo alla Camera di Rifondazione, in un commento su Liberazione (e ripresa dal sito web di Rifondazione) ma che non pare essere stata percepita proprio a Reggio. (Sempre di Migliore anche questa interrogazione parlamentare). Qui c'è il comunicato dell'Opera Nomadi (segue qui, e qui) di Reggio Calabria, una splendida realtà solidale che superando infiniti ostacoli lavora ogni giorno accanto ai rom reggini.
mercoledì 13 giugno 2007
BALLANDO SUL TITANIC / RIPETUTI ALLARMI SU UNO SCONTRO IMMINENTE TRA LE COSCHE DELLA NDRANGHETA. DOPO LA PREVISIONE DELLA DDA, LA CONFERMA DI DE SENA
Ai primi di maggio era trapelata una allarmata presa di posizione della procura reggina. "Temiamo una nuova guerra di ndrangheta", scrissero il procuratore Scuderi e il coordinatore della Dda Boemi in una lettera al ministro Mastella. Lo scenario venne pure confermato da una parallela informativa dei servizi. La denuncia torna attuale in questi giorni, con l'audizione del prefetto di Reggio De Sena davanti alla Commissione parlamentare antimafia. Il superprefetto parte dall'analisi di un omicidio recentemente compiuto a San Luca per ipotizzare il rischio di una nuova faida. Qui il pezzo del Quotidiano e qui quello di Gazzetta del Sud. Questo link porta agli atti della Commissione Antimafia. Questi invece i lanci dell'Ansa.
martedì 12 giugno 2007
IL BARONE MITOMANE E L'INFORMAZIONE "BUCA-DELLE-LETTERE". A REGGIO UN INFORTUNIO GIORNALISTICO MOSTRA COME SI LAVORA: SENZA VERIFICARE LE FONTI
La storia - che pare uscita da un film di Totò - comincia col barone Giuseppe Cordopatri in giro per le redazioni reggine. Vuole informare di un suo parente riconosciuto colpevole di averlo molestato e vuole far sapere di aver donato i 35 mila euro del risarcimento conseguente alla Fondazione Rita Levi Montalcini, per la costruzione di una casa famiglia per le ragazze madri in Somalia. Il racconto, sostenuto da foto e da un carteggio, esce il giorno dopo sui quotidiani: qui le due compassionevoli colonne in cronaca della Gazzetta del Sud.
Poteva finire qui, e invece qualcuno solleva dei dubbi, e, seppure in ritardo, una giornalista di Calabria Ora fa quello che avrebbe dovuto fare prima di pubblicare il pezzo: verifica la notizia. Un giro di telefonate per scoprire che era tutto una patacca.
Dei fini del bizzarro barone se ne occuperà forse la giustizia. A noi qui interessa osservare come abbia funzionato il news-making, ovvero come un falso sia divenuto una notizia. O, meglio, come in questo caso sia stata patentemente violata una delle regole portanti del giornalismo, la verifica delle fonti.
Perché si tratti di una regola fondamentale è semplice: una cosa non verificata potrebbe essere non vera. E chi ha il potere di riempire pagine che verranno lette da migliaia di persone, ha anche il dovere di distinguere il vero dal falso. Ma quante volte questo accade concretamente? Vediamo. Di fatto nelle redazioni i lanci delle agenzie, i comunicati ufficiali di carabinieri e polizia, e cose del genere vengono considerati fonti secondarie attendibili, e praticamente sempre vanno in pagina senza nessuna verifica. Una tendenza che se generalizzata produce l'idea che le verifiche, tout-court, siano superflue. Così quando arriva in redazione una persona conosciuta, con foto e lettere tali da apparire autentiche, a offrire testimonianza di un bel gesto, il redattore che lo incontra e ne raccoglie la storia non si lascia nemmeno sfiorare dal dubbio che prima di raccontarla a tutti bisognerebbe esserne davvero certi della sua veridicità, ovvero compiere le necessarie verifiche. Ecco il rischio che si corre ad adottare il principio, così diffuso tra le redazioni calabresi, della "buca-delle-lettere".
Poteva finire qui, e invece qualcuno solleva dei dubbi, e, seppure in ritardo, una giornalista di Calabria Ora fa quello che avrebbe dovuto fare prima di pubblicare il pezzo: verifica la notizia. Un giro di telefonate per scoprire che era tutto una patacca.
Dei fini del bizzarro barone se ne occuperà forse la giustizia. A noi qui interessa osservare come abbia funzionato il news-making, ovvero come un falso sia divenuto una notizia. O, meglio, come in questo caso sia stata patentemente violata una delle regole portanti del giornalismo, la verifica delle fonti.
Perché si tratti di una regola fondamentale è semplice: una cosa non verificata potrebbe essere non vera. E chi ha il potere di riempire pagine che verranno lette da migliaia di persone, ha anche il dovere di distinguere il vero dal falso. Ma quante volte questo accade concretamente? Vediamo. Di fatto nelle redazioni i lanci delle agenzie, i comunicati ufficiali di carabinieri e polizia, e cose del genere vengono considerati fonti secondarie attendibili, e praticamente sempre vanno in pagina senza nessuna verifica. Una tendenza che se generalizzata produce l'idea che le verifiche, tout-court, siano superflue. Così quando arriva in redazione una persona conosciuta, con foto e lettere tali da apparire autentiche, a offrire testimonianza di un bel gesto, il redattore che lo incontra e ne raccoglie la storia non si lascia nemmeno sfiorare dal dubbio che prima di raccontarla a tutti bisognerebbe esserne davvero certi della sua veridicità, ovvero compiere le necessarie verifiche. Ecco il rischio che si corre ad adottare il principio, così diffuso tra le redazioni calabresi, della "buca-delle-lettere".
venerdì 1 giugno 2007
COM'E' FINITA / TANTO RUMORE PER NULLA. CHE EFFETTO HA FATTO LA CAMPAGNA FINTO-SHOCK DI OLIVIERO TOSCANI SULLA CALABRIA?
Di Oliviero Toscani faccio fatica a occuparmene. Di lui ho in mente due o tre cose geniali (la divisa insanguinata del soldato ucciso, la nave dei disperati di Bari che trabocca di uomini...) e un sacco di altre che mi hanno infastidito. C'è di peggio. Non mi cala quel suo atteggiarsi a guru, una specie di re-mida della comunicazione che tutto vede e tutto prevede. Ovvio che con queste premesse l'occhio su Gli ultimi saranno i primi, la sua campagna per la Regione Calabria mi è caduto un po' di traverso. Ma il giudizio è rimasto sospeso, in attesa di capire: volevo vedere dove portasse l'idea di rovesciare lo schema, capovolgere un significato, spingere avanti una provocazione. Toscani se n'è uscito proponendo di rovesciare non la realtà, ma un pregiudizio, un cliché, un fatto immateriale puro, come lui stesso dice in questa intervista postata su youtube. Una scelta che, unita a quella di fare una serie di foto di ragazzi sul lungomare di Reggio Calabria (che sembrerebbe la prima cosa che gli è passata per la mente), mi ha fatto sciogliere la riserva: la campagna di Toscani non mi piace. E proverò a fare una lista dei punti critici.
Il destinatario. Poco chiaro chi sia in effetti, se il cittadino medio italiano, invitato a levarsi il paraocchi, o invece i calabresi stessi, chiamati a esorcizzare i pregiudizi. La assoluta prevedibilità delle foto: ragazzini e ragazzine con l'apparecchio ai denti e gli occhi buoni, un marchio di fabbrica del Toscani più noto, si direbbe. L'obiettivo comunicazionale. Non saprei quale sia, con esattezza, se non quello di ridere di un pregiudizio un po' razzista (dare del terrone o del mafioso ai calabresi); pregiudizio che in realtà nell'attuale ordine dei rapporti sociali non rappresenta affatto "il cuore del problema", che resta quello di una Calabria incapace di elaborare una immagine di se stessa e in preda a spinte irrazionali. Come se Toscani avesse messo a fuoco il punto sbagliato per ancorare il suo discorso.
Per sovrappeso aggiungerei che lo stesso senso di scontatezza me lo suggerisce anche il processo mentale che ha portato gli uomini della Regione a pensare a Toscani per una iniziativa nella comunicazione. Interessati magari più che al prodotto dell'artista, al suo brand, al suo essere uomo-comunicazione, capace di dare un valore aggiunto all'iniziativa. Ridotta cosi, diventa un'operazione tra Vip da almeno 900.000 euro, secondo questa fonte. Una performance alla Sgarbi, solo un po' più costosa. Non troppo lontana dalla passeggiata di Valeria Marini sul corso di Reggio ideata qualche anno fa dall'appena confermato sindaco. Altre critiche qui.
Toscani tuttavia una cosa l'ha innescata: la corsa a taroccare le sue foto cambiandone il claim, una pratica in cui si sono cimentati in diversi (ad esempio questo blog). Qui la versione dei ragazzi di ammazzatecitutti.org
A proposito di campagne di comunicazione promosse dagli enti calabresi, segnalo Mare Vostrum, uno spot turistico su Reggio Calabria che ho trovato semplice e sincero (bella anche la musica dei Quartaumentata), ma del quale non mi convince per alcuni versi il claim. A dire Mare Vostrum si evoca naturalmente Mare Nostrum, il Mediterraneo. Solo che in latino il possessivo alla seconda persona plurale fa Vestrum, e non Vostrum. Da qui il gioco: un cambio di vocale, come farebbe un enigmista, e una voluta evasione dalle regole morfologiche, per strizzare l'occhio al latinorum. Una scelta legittima certo, ma che forse andava rivendicata anche nella grafica del claim, che invece resta uniforme e omogenea. Tanto da far pensare a un errore, anche a chi il latino lo ha fatto alle medie.
Il destinatario. Poco chiaro chi sia in effetti, se il cittadino medio italiano, invitato a levarsi il paraocchi, o invece i calabresi stessi, chiamati a esorcizzare i pregiudizi. La assoluta prevedibilità delle foto: ragazzini e ragazzine con l'apparecchio ai denti e gli occhi buoni, un marchio di fabbrica del Toscani più noto, si direbbe. L'obiettivo comunicazionale. Non saprei quale sia, con esattezza, se non quello di ridere di un pregiudizio un po' razzista (dare del terrone o del mafioso ai calabresi); pregiudizio che in realtà nell'attuale ordine dei rapporti sociali non rappresenta affatto "il cuore del problema", che resta quello di una Calabria incapace di elaborare una immagine di se stessa e in preda a spinte irrazionali. Come se Toscani avesse messo a fuoco il punto sbagliato per ancorare il suo discorso.
Per sovrappeso aggiungerei che lo stesso senso di scontatezza me lo suggerisce anche il processo mentale che ha portato gli uomini della Regione a pensare a Toscani per una iniziativa nella comunicazione. Interessati magari più che al prodotto dell'artista, al suo brand, al suo essere uomo-comunicazione, capace di dare un valore aggiunto all'iniziativa. Ridotta cosi, diventa un'operazione tra Vip da almeno 900.000 euro, secondo questa fonte. Una performance alla Sgarbi, solo un po' più costosa. Non troppo lontana dalla passeggiata di Valeria Marini sul corso di Reggio ideata qualche anno fa dall'appena confermato sindaco. Altre critiche qui.
Toscani tuttavia una cosa l'ha innescata: la corsa a taroccare le sue foto cambiandone il claim, una pratica in cui si sono cimentati in diversi (ad esempio questo blog). Qui la versione dei ragazzi di ammazzatecitutti.org
A proposito di campagne di comunicazione promosse dagli enti calabresi, segnalo Mare Vostrum, uno spot turistico su Reggio Calabria che ho trovato semplice e sincero (bella anche la musica dei Quartaumentata), ma del quale non mi convince per alcuni versi il claim. A dire Mare Vostrum si evoca naturalmente Mare Nostrum, il Mediterraneo. Solo che in latino il possessivo alla seconda persona plurale fa Vestrum, e non Vostrum. Da qui il gioco: un cambio di vocale, come farebbe un enigmista, e una voluta evasione dalle regole morfologiche, per strizzare l'occhio al latinorum. Una scelta legittima certo, ma che forse andava rivendicata anche nella grafica del claim, che invece resta uniforme e omogenea. Tanto da far pensare a un errore, anche a chi il latino lo ha fatto alle medie.
CALABRIA SOTTO LE SCARPE / QUELLI CHE PARTONO, QUELLI CHE TORNANO. BASTA ANCORA L'"ODIO-AMORE" PER SPIEGARE IL RAPPORTO CON QUESTA TERRA?
Sollecitato da Granchius, apro una riflessione sul rapporto con la Calabria dei calabresi che vivono fuori dalla regione e che non di rado quando ci tornano si sentono come un pesce fuor d'acqua. Granchius segnala una intervista del Corriere della Sera a Rosaria Schifani, la moglie di un agente della scorta di Giovanni Falcone, che racconta il suo ritorno a Palermo. E dice: "Non si tratta di Calabria, ma nelle sue parole mi sono riconosciuto. Chi si allontana da quella terra, al ritorno vede le cose con altri occhi".
Quelli che partono, invece, possono essere rappresentati da Filippo Callipo, già capo di Confindustria calabrese e vittima del racket. Che giusto un anno fa diceva: "La Calabria è persa, mi ritiro". Qui l'intervista di Attilio Bolzoni su Repubblica.
Quelli che partono, invece, possono essere rappresentati da Filippo Callipo, già capo di Confindustria calabrese e vittima del racket. Che giusto un anno fa diceva: "La Calabria è persa, mi ritiro". Qui l'intervista di Attilio Bolzoni su Repubblica.
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